Co.co.pro.: no all’automaticità delle prestazioni previdenziali

Secondo la sentenza n. 11430/2021 della Corte di cassazione, il principio di automaticità delle prestazioni previdenziali non si applica ai collaboratori coordinati e continuativi iscritti alla gestione separata Inps.

In materia di previdenza in favore degli iscritti alla gestione separata, la Cassazione ha affermato che il principio di automaticità delle prestazioni previdenziali non si applica ai collaboratori coordinati e continuativi (co.co.pro.).

In quanto i co.co.co, come i lavoratori autonomi, sono gli unici titolari dal lato passivo dell’obbligo contributivo, restando irrilevante che, al pagamento di una quota dei contributi relativi alla prestazione lavorativa resa, siano tenuti i committenti.

L’incredibile conclusione della Corte nella sentenza n. 11430 2021 nasce dall’interpretazione di una mancanza normativa più che da una interpretazione letterale della legge. Il principio dell’automatismo delle prestazioni previdenziali è stabilito chiaramente dall’art 2116 cc. ma solo per il lavoratori subordinati, mentre per i collaboratori solo una norma più restrittiva, come il DL 282 1996, che delega il committente al versamento dei contributi anche a nome del collaboratore, con rivalsa sul compenso che viene versato. In caso di mancato versamento essendo il collaboratore titolare legale dell’obbligo, i diritti connessi come l’indennità di disoccupazione vengono naturalmente a cadere.

La questione assume rilievo tutte le volte in cui il lavoratore con un contratto di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co) chiede all’Inps l’assegno di disoccupazione (ciò che oggi si chiama Dis-Coll).

Il caso

Una lavoratrice con contratto di collaborazione a progetto aveva fatto richiesta all’INPS dell’indennità di disoccupazione per i co.co.pro prevista dal dl 185 / 2008 allora in vigore (poi sostituita dalla DIScoll ex L. 92-2012) ma le era stata rifiutata per i mancati versamenti dei contributi da parte del datore di lavoro alla Gestione separata. La Corte di appello aveva condannato l’INPS al pagamento basandosi sul fatto che il versamento è affidato ai datori di lavoro, analogamente a quando avviene per i lavoratori subordinati che poi trattengono la quota dalla retribuzione.

La Cassazione invece ha ribaltato la lettura della Corte affermando che il lavoratore autonomo è il solo titolare dell’obbligazione contributiva anche se materialmente il versamento è affidato al datore di lavoro. L’obbligo come detto in precedenza è previsto dal DM 282 1996 per i parasubordinati e gli amministratori.

La Cassazione specifica inoltre che la collaboratrice avrebbe dovuto versare autonomamente tutti i contributi recuperando la parte a carico del datore di lavoro con un altro ricorso.

Sintesi

Il collaboratore non ha diritto agli ammortizzatori sociali, alla Dis-Coll nel caso dei collaboratori, se la sua posizione assicurativa Inps risulti irregolare nei registri dell’ente previdenziale. Lo stesso vale per i contributi ai fini pensionistici. Ma deve saldare i contributi di tasca propria e solo successivamente può rivalersi con un’azione di risarcimento sul committente.

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