Maternità: dimissioni per motivi familiari

In caso di interruzione volontaria del rapporto di lavoro si ha diritto all’indennità di disoccupazione e al pagamento del “mancato preavviso”? Il patronato 50&PiùEnasco affronta la questione con un approfondimento, indicando anche la prassi da seguire per le lavoratrici madri.

DOMANDA:
Sono assunta a tempo indeterminato (5° livello con contratto del commercio) ed ora mi trovo in maternità facoltativa, dopodiché ho deciso di dare le dimissioni per motivi familiari. Ho diritto all’indennità di disoccupazione? In questo caso, ho diritto al pagamento del “mancato preavviso”?


Grazie

RISPOSTA:

Il Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, oltre a dettare disposizioni in ordine alle assenze legittime dal lavoro, retribuite o meno, in capo alla lavoratrice ed al lavoratore aventi diritto, prevede una serie di ulteriori disposizioni a tutela dei soggetti medesimi, specialmente con riferimento alle ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro.

Dimissioni della lavoratrice madre 
La lavoratrice madre che presenta dimissioni volontarie durante il periodo tutelato contro il licenziamento, quindi fino al compimento del primo anno di vita del bambino, ha diritto a percepire il trattamento di NASpI che, in via ordinaria, spetta soltanto a coloro che perdono il lavoro involontariamente, quindi per licenziamento o dimissioni per giusta causa. A tal fine, tuttavia, la lavoratrice è obbligata a seguire una procedura particolare per presentare le proprie dimissioni volontarie, che devono essere convalidate presso la Direzione Territoriale del Lavoro competente. Solo in presenza della convalida le dimissioni diventano effettive e danno diritto al sussidio di disoccupazione.
La legge prevede inoltre che la lavoratrice che si dimette durante il primo anno di vita del bambino non è tenuta a rispettare gli ordinari termini di preavviso: il datore di lavoro è dunque tenuto a corrispondere la relativa indennità.

Divieto di licenziamento 
Il nostro ordinamento prevede la non licenziabilità della lavoratrice dal momento dell’accertamento della gravidanza fino al compimento di un anno di vita del figlio.
La legge prevede alcune fattispecie di deroga all’applicabilità di tale divieto, in caso di:

– colpa grave della lavoratrice legittimante la cessazione del rapporto di lavoro;
– cessazione dell’attività dell’azienda provata in cui la lavoratrice è stata assunta;
– rapporto di lavoro risolto per scadenza del termine di durata; 
– mancato superamento del periodo di prova.
Al di fuori di questi casi, la risoluzione del rapporto di lavoro deve considerarsi nulla ad ogni effetto di legge, con contestuale comminazione della sanzione amministrativa da euro 1032,91 ad euro 2582,28 cui è esclusa la possibilità di effettuare il pagamento in misura ridotta in caso di ravvedimento su diffida da parte del datore di lavoro. Le uniche eccezioni a questi divieti si hanno in caso di:
– licenziamento per giusta causa;
– cessazione dell’attività aziendale; 
– mancato superamento del periodo di prova.

Attenzione: il divieto di licenziamento si estende anche al lavoratore padre che fruisce al posto della madre del congedo di paternità, fino al compimento di un anno di età del bambino.

Convalida delle dimissioni
In caso di dimissioni volontarie presentate nei primi tre anni di vita del bambino, la lavoratrice ha diritto:
– a percepire l’indennità sostitutiva del preavviso; 
– a percepire la Naspi; il datore di lavoro sarà tenuto, in questo caso, a versare all’INPS il ticket di licenziamento, se le dimissioni vengono rese entro il primo anno di vita del bambino.

È opportuno ricordare che, anche in questo caso, devono essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali competente per territorio (ITL):
– la risoluzione consensuale del rapporto o le dimissioni presentate dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza; 
– la risoluzione consensuale del rapporto o le dimissioni presentate dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento.

La Sezione lavoro della Corte di Cassazione, con sentenza n. 4919 del 03 marzo 2014, ha stabilito che, in caso di dimissioni presentate dalla lavoratrice madre prima del compimento di un anno di età del bambino è sempre dovuta l’indennità sostitutiva del preavviso prevista dall’art. 55 del D.Lgs. n. 151/2001 anche qualora le stesse risultino preordinate all’assunzione della lavoratrice, e dei soggetti ad essa equiparati, alle dipendenze di altro datore di lavoro. 
 
Per qualsiasi problematica attinente l’argomento trattato, o per altra questione di natura previdenziale, il Patronato 50&PiùEnasco offre tutta la consulenza e l’assistenza necessarie.