Riscatto laurea agevolato: ampliata la platea

È possibile riscattare anche gli anni di studio anteriori al 31.12.1995. Il calcolo dell’assegno, però, sarà interamente contributivo.

Il riscatto laurea agevolato costituisce una soluzione previdenziale che, dalla sua introduzione con il D.L. 4/2019, ha fortemente attratto la platea dei potenziali beneficiari in ragione dell’onere sensibilmente ridotto rispetto a quello del riscatto laurea ordinario.

La Circolare dell’Inps dello scorso 22 gennaio ha “riletto” le disposizioni normative relative alla formula “light” in modo estensivo sul chi possa usufruirne, avallando la possibilità di riscattare con i criteri agevolati anche i periodi di studio universitario sino al 31.12.1995.

La condizione però è che il lavoratore accetti di optare per il calcolo interamente contributivo dell’assegno così come consentito dalla riforma Dini.

Premesso che ogni eventuale decisione deve essere ricondotta in un alveo più ampio di pianificazione previdenziale “soggettiva” (non esiste “la” soluzione valida per tutti e sempre, ma “una” soluzione più adatta alla specifica situazione), è opportuno fare qualche necessaria precisazione sulle diverse possibilità applicative.

Come funziona il riscatto laurea agevolato

E’ utile ripercorrere brevemente come funziona la formula “light”, ricordando come la finalità è quella di valorizzare ai fini pensionistici il periodo del proprio corso legale di studio a condizione che si sia conseguito il titolo definitivo e, nel “durante”, non si sia svolta alcuna attività lavorativa (in questo caso è stata infatti già versata la relativa contribuzione).

Per i lavoratori “contributivi” il riscatto ordinario è calcolato, per ogni anno di studio, sull’aliquota contributiva in vigore alla data di presentazione della domanda di riscatto applicata sulla retribuzione assoggettata a contribuzione nei dodici mesi meno remoti rispetto alla data della domanda. Ad esempio: per un impiegato che guadagna 35.000 euro lordi applicando l’aliquota prevista del 33%   il costo sarebbe di 11.550 euro annui per ogni anno da riscattare.

Il riscatto agevolato, invece, “mutua” il costo previsto per la casistica del riscatto ordinario per i non occupati. Vale a dire il livello minimo imponibile annuo degli artigiani e commercianti (circa 15.000 euro) moltiplicato per l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche dell’assicurazione generale obbligatoria vigente nell’anno di presentazione della domanda, quest’anno quindi il 33% con un costo di circa 5.260 euro per ogni anno di laurea.

Va ancora ricordato che è possibile rateizzare il costo complessivo in massimo 120 rate mensili senza l’applicazione di interessi e dal punto fiscale costituisce un onere deducibile.

Soluzioni a confronto

Quali sono i possibili ragionamenti da condurre? La considerazione di fondo è l’individuazione, in modo non emotivo ma razionale, dell’obiettivo che si intende perseguire.

Il riscatto light vale sia ai fini del diritto alla pensione (aumentando la anzianità contributiva), sia ai fini della misura, incrementando il quantum della pensione.

Essendo tuttavia un riscatto di natura contributiva, l’incremento del montante e della futura pensione determinerà un aumento molto limitato rispetto alle cifre di costo richieste con il riscatto ordinario.

Conseguenzialmente la domanda da porsi è se il proprio obiettivo sia quello di acquisire maggiore anzianità contributiva, utile per accedere in via anticipata al pensionamento, o si intenda incrementare il proprio montante contributivo. Nel primo caso, l’apertura dell’Inps può rappresentare un utile strumento per “comprare tempo” nella prospettiva di una possibile forma di esodo anticipato.

Con un onere relativamente sostenibile e deducibile dal reddito, si sottolinea, si può cioè acquisire anzianità contributiva utile per accedere ai diversi canali di flessibilità in uscita: dalla pensione anticipata (42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, con successiva finestra trimestrale), al pensionamento in Quota 100 (62 anni di età almeno 38 anni di contributi), al pensionamento per lavoratori precoci con 41 anni di contributi o per i lavoratori addetti a mansioni usuranti, con almeno 35 anni di contributi.

Molto utile poi soprattutto per chi sceglie opzione donna (35 anni di contribuzione).

 

Fondo pensione

Nella ipotesi però in cui la distanza dal possibile pensionamento sia notevole, anche in questa prospettiva non può non ponderarsi la presenza di quello che si definisce come “rischio politico”, la possibilità cioè che nel tempo possa esserci una evoluzione normativa che modifichi i requisiti per accedere al trattamento di quiescenza.

Nel caso in cui l’obiettivo che si intende perseguire è rappresentato dal volere incrementare il proprio tenore di vita durante il pensionamento, può sicuramente valutarsi l’opportunità di aderire o incrementare la propria contribuzione ad un fondo pensione operando una diversificazione del rischio previdenziale.

In evidenza

Uno sguardo al meccanismo di rivalutazione

Nel sistema di calcolo contributivo, la capitalizzazione dei contributi versati, quindi la redditività degli stessi, avviene sulla base della media quinquennale del Pil nominale. Quindi, dall’evoluzione del Pil dipende in misura rilevante l’entità del futuro assegno pensionistico. Ovviamente, una previsione di una crescita del Pil più bassa riduce la capitalizzazione annua dei montanti via via accumulati e quindi fa perdere qualche punto di tasso di sostituzione.

Per qualsiasi problematica attinente l’argomento trattato, o per altra questione di natura previdenziale, il Patronato 50&PiùEnasco offre tutta la consulenza e l’assistenza necessarie.

 

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