Rimborso al pensionato che ha pagato l’Irpef sulla pensione restituita all’Inps

Lo dice una sentenza della Corte di Cassazione. Quanto versato può essere portato in deduzione nella dichiarazione dei redditi oppure può essere chiesto un rimborso entro due anni dalla restituzione della pensione.

A cura di 50&PiùEnasco

Come si sa anche le prestazioni previdenziali non sfuggono alla imposizione fiscale. Ma cosa accade delle imposte pagate su una prestazione previdenziale che viene annullata costringendo il cittadino a restituirla per intero all’Inps? Appare evidente che al danno – la restituzione di tutti i soldi percepiti – si aggiunge la beffa dell’aver pagato le tasse su soldi restituiti.

Proprio su questo tema è stata a chiamata ad esprimersi la Suprema Corte di Cassazione che, esaminando il ricorso presentato da un pensionato, ha stabilito questo: il cittadino che non deduce nella dichiarazione dei redditi l’Irpef pagata sulla pensione successivamente restituita all’Inps mantiene, in ogni caso, il diritto a chiedere il rimborso diretto all’Agenzia delle Entrate delle imposte indebitamente versate. La richiesta, stabilisce la sentenza numero 12912 del 15 maggio 2019, va fatta comunque entro due anni dal momento in cui è avvenuta la restituzione della pensione e, in tal caso, l’Agenzia delle Entrate non può respingere la richiesta di rimborso dell’Irpef pagata su una pensione successivamente restituita all’Inps.

In sintesi, la Suprema Corte ha stabilito che il pensionato può portare in deduzione l’Irpefindebitamente versata dalla base imponibile sin dalla dichiarazione dei redditi dell’anno successivo a quello in cui è avvenuta la restituzione della pensione (procedura di cui all’articolo 10, co. 1, lettera d) bis del Tuir). In alternativa, secondo i Giudici, nel caso venga a mancare l’obbligo del versamento Irpef a seguito della restituzione della pensione, è possibile, in applicazione dell’art. 21 d.lgs. n. 546/92, chiedere la restituzione delle imposte indebitamente versate entro due anni dalla riconsegna della prestazione.

Infatti, il Giudice della Cassazione dice: “E’ sufficiente rilevare che l’art. 10, comma 1, lett. d bis, T.u.i.r.  riconosce al contribuente esclusivamente la facoltà di utilizzare, nella dichiarazione dei redditi, il meccanismo della deduzione dell’onere dalla complessiva base imponibile (e cioè, in sostanza, per compensazione), con la conseguenza che il mancato esercizio di tale facoltà non preclude affatto il ricorso all’ordinario strumento della procedura di rimborso, mediante presentazione della relativa domanda nel termine previsto a pena di decadenza (nella specie, quello biennale stabilito, in via residuale, dall’art. 21, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992)”. 

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